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Sbocchi occupazionali e/o formativi dei diplomati 2003
Silvia Ghiselli
La Ricerca sugli sbocchi occupazionali e/o formativi dei diplomati 2003, promossa da
AlmaLaurea e da AlmaDiploma, è stata presentata a Firenze il 3 dicembre 2004,
nell’ambito del 2° convegno annuale AlmaDiploma. Si tratta della I indagine sperimentale
sul percorso formativo e lavorativo compiuto dai diplomati dopo il primo anno successivo al
conseguimento del titolo. La Ricerca, realizzata con il finanziamento del
Consorzio AlmaLaurea e che ricalca l’esperienza compiuta da AlmaLaurea sulla
condizione occupazionale dei laureati,
ha significativi elementi di novità ed originalità, sperimentalmente testati su un
circoscritto campo di osservazione (un gruppo di istituti superiori quasi tutti toscani)
con l’obiettivo di una successiva estensione del prototipo a livello nazionale. Infatti
con questa indagine: a) i diplomati sono stati intervistati ad un anno dal conseguimento
del titolo; b) l’auspicata ripetizione nei prossimi anni offrirà la concreta possibilità
di seguire i diplomati grazie a vere e proprie analisi longitudinali (i giovani saranno
intervistati nuovamente ad intervalli regolari), consentendo lo studio di fenomeni,
quali l’abbandono degli studi universitari per istituto di provenienza, mai affrontati
con questo metodo a livello nazionale; c) esiste la possibilità di cogliere i primi
effetti che la Riforma universitaria ha avuto sulle scelte formative dei diplomati.
Diplomati coinvolti nell’indagine: si tratta di 1.566 ragazzi di 17 istituti
(16 della Toscana, 1 di Chieti), intervistati tra il 5 e il 19 ottobre 2004. Due diplomati su
tre provengono dall’istituto tecnico, il 17% dal professionale, il 15% dal liceo: rispetto al
complesso dei diplomandi toscani risultano nettamente sovrarappresentati i diplomati degli istituti
tecnici, mentre i liceali sono sovrarappresentati: aspetti che occorre tenere ben presenti
nell’interpretazione dei risultati. L’interesse dei diplomati per l’indagine svolta è confermato
dall’elevatissimo tasso di risposta: 81,1%, che risulta superiore in ogni istituto al 72%.
Dopo il diploma. Nel complesso, quattro diplomati su dieci decidono di
dedicarsi esclusivamente agli studi universitari, tre su dieci si inseriscono direttamente nel mercato del lavoro, uno su dieci coniuga entrambe le attività. Il restante 16%, infine, si divide equamente tra chi è alla ricerca attiva di un impiego e chi invece, per motivi vari (tra cui formazione non universitaria o leva), non cerca un lavoro. Tra chi si dedica esclusivamente allo studio, il 40% circa ha avuto esperienze lavorative dopo il diploma, che si sono però generalmente già concluse al momento della rilevazione; è verosimile che si tratti di attività saltuarie, occasionali (non dimentichiamo infatti che questi giovani hanno avuto dinanzi a loro due estati, quella immediatamente successiva al diploma e quella appena trascorsa, del 2004) che si sono interrotte perché il diplomato stava per iniziare l’università oppure perché si trattava di attività a termine.
La quota di diplomati dedita esclusivamente allo studio universitario è nettamente più elevata tra i liceali (60%) rispetto ai diplomati del professionale (16%) e, specularmente, i diplomati che lavorano solamente sono meno diffusi tra i primi (13%) rispetto ai secondi (51%). L’approccio all’università è diverso per femmine e maschi, ed in parte differente rispetto a quanto manifestato in termini di intenzioni poco prima di conseguire il titolo. Infatti (cfr. l’introduzione al volume sul Profilo dei diplomati 2004) “la forte propensione ad iscriversi all’università da parte dei liceali riguarda maschi e femmine in modo equivalente, mentre in alcuni istituti tecnici (industriale e per geometri) e in tutti gli istituti professionali – compreso l’istituto d’arte – le femmine si dimostrano più intenzionate dei maschi a proseguire la formazione (tuttavia senza avvicinarsi ai valori osservati per i diplomati e le diplomate liceali).” Ad un anno dal diploma si rileva che è iscritto all’università il 75% delle liceali e il 91% dei liceali, tra i diplomati del tecnico non si rilevano differenze particolari, mentre sono confermate le intenzioni tra i diplomati professionali (28% di universitari tra le diplomate, 15% tra i diplomati). La minore partecipazione universitaria delle femmine liceali, rispetto ai compagni maschi, è però giustificabile considerando l’indirizzo di scuola: le femmine sono infatti più rappresentate al liceo linguistico e a quello pedagogico-sociale, a maggiore contenuto professionalizzante. È verosimile che per le donne liceali le intenzioni a proseguire gli studi siano state accantonate grazie ad un rapido inserimento nel mercato del lavoro.
Per un diplomato su cinque, tra l’altro, la scelta universitaria non si è dimostrata vincente: il 6% ha deciso infatti di abbandonare l’università durante il primo anno, il 13%, pur essendo iscritto ancora all’università, ha di fatto cambiato ateneo e/o classe di laurea. Qual è il ruolo svolto dall’orientamento scolastico su questo particolare gruppo di studenti? Su quali elementi far leva per evitare abbandoni e ripensamenti più o meno tardivi?
Un diplomato su cinque, inoltre, si è dedicato ad un’attività di formazione professionale, e tra questi il 31% risulta comunque iscritto all’università: è verosimile che i diplomati sentano l’esigenza di continuare a formarsi, indipendentemente dalla scelta operata al momento del conseguimento del titolo (immediato inserimento nel mercato del lavoro o prosecuzione della propria formazione). La partecipazione ad attività formative coinvolge in misura più consistente i diplomati degli istituti professionali (38%), rispetto a quelli del tecnico (19%) o del liceo (14%), ma questo è giustificabile se si considera che tra i liceali è molto più consistente la quota di giovani che decide di iscriversi all’università. Molte le attività formative intraprese: corsi di formazione (compresi quelli dell’istruzione e formazione tecnica superiore), stage in azienda, corsi di lingua o di informatica.
Le esperienze lavorative. Indipendentemente dall’impegno in attività formative, ad un anno dal conseguimento del titolo risultano occupati 46 diplomati su cento: questa percentuale raggiunge il suo massimo in corrispondenza dei diplomati professionali (57%), mentre tocca il minimo per i liceali (34%).
Volendo tentare un confronto con l’unica indagine nazionale disponibile, quella compiuta dall’Istat nel 2001 su un campione di diplomati del 1998, dobbiamo assumere un diverso criterio di classificazione dei diplomati. L’Istat infatti considera innanzitutto coloro che si dedicano ad attività lavorative, indipendentemente dal loro impegno all’università; dopodiché considera il gruppo di chi è alla ricerca di un lavoro (ovviamente senza lavorare) ed in terza battuta coloro che studiano (questi devono dedicarsi a tale attività, senza però né lavorare né essere alla ricerca di un impiego); infine, nel quarto gruppo, rientrano tutti coloro che si trovano in una diversa situazione. Date queste premesse, si rileva che nel collettivo di AlmaDiploma risulta più rappresentato il gruppo di chi studia (31% contro 25% dell’Istat), mentre, corrispondentemente, è meno numeroso il collettivo di chi lavora (46% contro 55%). Tali differenze sono però dovute a diversi fattori: a) è diverso il riferimento temporale (AlmaDiploma ha intervistato i propri diplomati dopo un anno dal conseguimento del titolo, l’Istat dopo tre anni);
b) è diverso l’anno di conseguimento del diploma (2003 e 1998, rispettivamente);
c) è diversa l’area geografica di riferimento delle due indagini (prevalentemente toscana per
AlmaDiploma e nazionale per l’Istat );
d) è diverso il contesto nel quale i diplomati dei due gruppi hanno maturato le proprie scelte di
percorso (i diplomati AlmaDiploma hanno trovato al termine degli studi la riforma universitaria
del 3+2, contrariamente a quelli Istat).
Il contratto di lavoro. I diplomati liceali svolgono in prevalenza attività occasionali, saltuarie, che coniugano con l’impegno principale, quello universitario: per tale motivo sono molto più frequenti i lavori senza contratto tra i liceali (30%), rispetto ai diplomati del professionale (13%) o del tecnico (14%). Corrispondentemente, sono molto più diffuse le attività stabili tra i diplomati del professionale (20%) rispetto ai liceali (11%).
La forma contrattuale più diffusa tra i diplomati è il contratto di apprendistato, che coinvolge oltre
il 50% di coloro che lavorano esclusivamente (senza studiare). Il lavoro autonomo, al contrario, non è
particolarmente frequente, poiché riguarda solo tre occupati su cento. L’unico confronto che pare
opportuno è quello con i laureati dell’Università di Firenze del 2002, intervistati nell’ambito
dell’indagine ALMALAUREA ad un anno dal conseguimento del titolo: isolando coloro che hanno iniziato
a lavorare solo dopo la laurea (per poterli porre nelle medesime condizioni dei diplomati), si rileva
che il lavoro stabile coinvolge 30 laureati su cento (contro 19 su cento tra i diplomati), il contratto
di formazione lavoro o apprendistato (anche se quest’ultimo è praticamente inesistente tra i laureati)
riguarda 9 laureati su cento, mentre il lavoro atipico è svolto da 55 laureati su cento (prevalentemente
sotto forma di collaborazioni o consulenze) e solo da 23 diplomati su cento.
La soddisfazione per il lavoro svolto. Nel complesso, i diplomati occupati sono discretamente soddisfatti del lavoro svolto: in media, il giudizio (sulla scala 1-10) è pari a 7,3. I diplomati del tecnico sono mediamente più appagati dei compagni del professionale per ciò che concerne l’indipendenza/autonomia sul lavoro, la flessibilità dell’orario, le prospettive di guadagno e di carriera, il tempo libero che il lavoro lascia. I diplomati del liceo, coerentemente col tipo di lavoro svolto, prevalentemente occasionale, sono invece più soddisfatti degli altri per il luogo di lavoro, la flessibilità dell’orario, il tempo libero, mentre sono nettamente meno contenti per ciò che riguarda la stabilità/sicurezza del lavoro, l’indipendenza/autonomia, le prospettive di guadagno e di carriera, il coinvolgimento nei processi decisionali dell’azienda.
Il primo stipendio. I diplomati che lavorano guadagnano in media 734 euro mensili netti: rispetto ai laureati di Firenze, occupati ad un anno dalla laurea (e che hanno iniziato a lavorare solo dopo il conseguimento del titolo) il guadagno è inferiore di 166 euro (per i laureati il guadagno è infatti di 900 euro). Questo divario tende inoltre ad accentuarsi nel tempo: confrontando il dato Istat a tre anni emerge infatti che i diplomati guadagnano in media 831 euro netti, mentre i laureati 1.131 euro.
Il divario di genere tra i diplomati è consistente, pari al 26% a favore dei maschi, e superiore a quanto rilevato per i laureati fiorentini ad un anno (in tal caso il divario è pari al 19%).
Una sintesi dei risultati ottenuti. Per cercare di capire quali sono gli elementi che influenzano la prosecuzione della formazione (attraverso gli studi universitari) rispetto alla decisione di inserirsi immediatamente nel mercato del lavoro, si è applicata la tecnica di segmentazione CHAID. Il primo elemento di discriminazione è caratterizzato dall’intenzione, espressa alla vigilia della conclusione degli studi, di proseguire gli studi: a conferma che esiste un buon livello di coerenza tra intenzioni e future realizzazioni, la quota di diplomati che prosegue lo studio con l’iscrizione all’università è molto più consistente tra coloro che avevano manifestato tale intenzione rispetto a chi aveva dichiarato di non voler continuare a formarsi.
Scendendo ulteriormente nel dettaglio si rileva che, tra chi ha manifestato l’intenzione a proseguire gli studi, la quota di diplomati impegnata nello studio universitario è più consistente tra i giovani con maturità tecnica o scientifica, rispetto a quanto non avvenga tra i diplomati del professionale.
Infine, indipendentemente dal titolo conseguito, la quota di diplomati che prosegue la formazione iscrivendosi all’università aumenta costantemente all’aumentare del voto di diploma.